IL CACCIATORE

di
Francesco Troccoli
(Francesco Troccoli - Roma)


 

SUNTO DEL RACCONTO “IL CACCIATORE”

Un cacciatore di taglie si reca sul pianeta Harris IV per verificare di persona, in quanto incaricato dal Governatore del sistema di Harris, il motivo per il quale gli uomini che lavoravano nelle miniere producevano ormai poca ricchezza violando la legge della produzione. Sul pianeta il cacciatore incontra un suo vecchio commilitone a capo dei cosiddetti ribelli che gli spiegherà ed illustrerà ciò che realmente si faceva sul pianeta: l'uomo non era più in grado di dormire e, di conseguenza, di sognare per cui nei laboratori delle miniere si stavano riabilitando le funzioni primarie che determinano il sonno. Tutto questo aveva radicalmente cambiato il modo di vivere dell'uomo e, con sua grande sorpresa, ne rimarrà coinvolto anche il cacciatore stesso.

 

Biografia di Francesco Troccoli

Francesco Troccoli è nato nel 1969 a Roma. Farmacista, dopo dodici anni nel marketing di una multinazionale del farmaco lascia per mettersi in proprio come consulente e traduttore, oltre che per dedicarsi alla scrittura. Nel 2005 frequenta il laboratorio di scrittura di genere tenuto dal Premio Urania Massimo Mongai presso la Scuola Omero di Roma. Vincitore di svariati premi, fra cui l’Akery nel 2006, l’Apuliacon nel 2007, il Premio speciale SFIDA del Trofeo RiLL e lo Space Prophecies nel 2009, è oggi membro del collettivo di autori La Carboneria Letteraria. Fra i più graditi apprezzamenti che ha ricevuto c’è questo. Occasionalmente si dedica al doppiaggio a livello professionale. Suoi lavori sono presenti in una trentina fra raccolte, antologie, riviste e fanzine, di genere fantastico e non, e alcuni  anche nel suo blog personale www.fantascienzaedintorni.blogspot.com, nel quale sono disponibili anche alcuni suoi  audio-racconti ed estratti sonori di romanzi di genere. Collabora inoltre a varie testate di informazione e/o intrattenimento in rete, quali Gli Italiani, Il Democratico, Bispensiero, Mondoraro e Terre di Confine.

 

Intervista a… Francesco Troccoli
di
Livio Costarella
(giornalista/scrittore)

 

Livio - Ci racconti un po’ di lei.

Francesco - Che dire? 42 anni, ex-farmacista, romano ma di origini anglo-frusinati, ho speso la mia prima giovinezza in una multinazionale farmaceutica americana che ho lasciato da qualche anno. Il “downshifting”, del quale vado fiero, mi ha permesso di dedicarmi a tutt’altro, compresa la scrittura, con molta più libertà. Attualmente, nella seconda giovinezza, oltre a scrivere, lavoro come traduttore, e più marginalmente come doppiatore. Adoro la cucina etnica, la senape, il vino italiano, credo in un’Italia multietnica e sono attualmente single. Può bastare?

Livio - Come si è avvicinata alla fantascienza?

Francesco - Contemplando, da bambino, la crescente pila di volumetti Urania sul comodino paterno della stanza da letto dei genitori, e chiedendomi cosa diavolo potesse esserci scritto in un libro il cui titolo era “L’ombra di Banqo”. In realtà ci fu la complicità della visione di 2001: Odissea nello spazio, della serie TV Spazio 1999, e del cartone giapponese Goldrake, che lasciarono un segno tanto dolce quanto indelebile. In merito alla scrittura, galeotta fu la Scuola Omero di Roma, frequentata qualche anno fa.

Livio -Quanti racconti di fantascienza ha scritto?

Francesco - Non saprei esattamente, diverse decine, forse una quarantina o poco più. Quasi tutti pubblicati, in effetti.

Livio - Ama anche altri generi?

Francesco - I generi limitrofi alla fantascienza in senso stretto, come il fantastico, il surreale, il cosiddetto “weird” e alcuni tipi ben precisi di fantasy, rientrano comunque fra le mie preferenze. Solo occasionalmente anche gialli e noir. In questo periodo di sto tentando di recuperare terreno sui classici italiani del novecento, che a volte possono essere ascritti a questi generi.

Livio - Quando scrive un racconto, inserisce nelle storie fatti e situazioni che ha vissuto in prima persona o sentito in giro rivisitandoli in chiave fantascientifica, o dà libero sfogo alla sua fantasia?

Francesco - “La seconda che ha detto.” Talora, però, l’innesco di un’idea proviene da un dettaglio apparentemente marginale della vita quotidiana, che si trasforma in una bozza di storia. Ad esempio, una volta vidi un vecchietto che si avventurava ad attraversare a piedi una grande piazza romana traboccante di automobili in corsa. Lui, in quel caos, mi sembrò quasi immobile. Da quell’immagine nacque un racconto in cui un ragazzo si muove alla velocità della luce in un mondo che procede a velocità normale, e che quindi gli sembra quasi immobile.

Livio - Come ha scelto il soggetto del suo racconto?

Francesco - Mi sono chiesto quale sia l’importanza del sonno, e dei sogni, nell’essere umano. E per cercare di capirlo, ho immaginato un lontano futuro in cui, nel processo evolutivo, è successo qualcosa di incomprensibile. Un futuro che un uomo affronta in totale solitudine, alla ricerca inconsapevole di un contatto con gli altri. Si tratta in realtà di uno spunto per cercare di parlare della parte più autentica e misteriosa dell’identità umana.

Livio - Sempre nell’ambito della fantascienza, meglio un buon libro o un bel film?

Francesco - Per me, pari sono. Diciamo che la risposta dipende dall’umore del momento e dall’eventuale compagnia. 

Livio - Preferisce una storia unica autoconclusiva, o una saga raccontata in più storie?

Francesco - Preferisco la via di mezzo, ovvero la storia auto-conclusiva che mi permetta di fermarmi al finale, ma della quale esistono eventuali ulteriori capitoli. Ad esempio la saga di Ender di Orson Scott Card o il ciclo dell’Ecumene di Ursula K. Le Guin o i cicli asimoviani. Se ti fermi al primo libro, o addirittura ne peschi uno intermedio a caso, non è un problema, ma se vuoi puoi anche andare avanti, o magari indietro. Il libro progettato invece per costringerti ad acquistare il seguito mi lascia perplesso, per non dire infastidito. Ma per fortuna non sono poi molti.

Livio - Se potesse vivere in un romanzo di fantascienza, quale storia le piacerebbe e che ruolo interpreterebbe?

Francesco - Vorrei essere immortale, come Lazarus Long di Robert Heinlein, o meglio ancora poter scegliere il corpo in cui scaricare la mia identità e perpetrare la mia esistenza, come il Takeshi Kovacs di Richard K. Morgan. L’idea che la parte più valida dell’umanità risieda nella nostra mortalità è a mio parere una gran baggianata.

Grazie per aver risposto alle nostre domande.
Grazie a voi!


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