E’ la storia di una bambina autistica, Alice per l’appunto, che vive con suo padre, Maggiore dell’esercito, all’interno di un villaggio destinato alle famiglie dei militari. Suo compagno di giochi è un robot le cui finalità della programmazione sono quelle di schiudere alla socialità e alla cooperazione il gioco solitario e stereotipato dei bambini autistici.
Un giorno mentre il padre di Alice sta lavorando al progetto di robotica, l’aggiornamento dell’intero sistema di difesa e controllo della zona demilitarizzata, riceve la notizia che sua figlia è scomparsa. Si mette allora in moto la macchina dei soccorsi che deve preservare l’integrità fisica della bambina (proteggendola dal nemico) la quale, inseguendo sotto la neve una lepre, crede di rivivere la favola di “Alice nel paese delle meraviglie” raccontatale dal robot suo compagno. Il racconto vincitore, “Alice in Wonderland”, è incluso nel libro del Concorso Letterario Giulio Verne edizione 2010. Giancarlo Manfredi Ormai superata la soglia degli "anta", ho una laurea in scienze statistiche e, nel cassetto, una specializzazione in comunicazione pubblicitaria. Web content manager per lavoro, per hobby sono il direttore del portale WebTrek Italia (www.webtrekitalia.com): in altri termini contribuisco (da oltre 25 anni) ad aumentare il rumore entropico nella grande Rete, percorrendo, nel contempo, le rotte (virtuali) dell'astronave Enterprise. Giancarlo Manfredi di Livio Costarella (giornalista/scrittore) Conosciamo da vicino Giancarlo Manfredi il vincitore della prima edizione del Concorso Nazionale di Letteratura Fantascientifica Giulio Verne edizione 2010 Livio - Ci racconti un po’ di lei. Giancarlo – Devo proprio? Livio – Uhmm… se non risponde dovrà vedersela con un Klingon adirato! A parte gli scherzi partiamo con il valzer delle domande. Come si è avvicinato alla fantascienza? Giancarlo – Oh, questo è più semplice. Dunque… mi sono perso, fanciullo, tra le note del valzer spaziale di 2001 e poi nell’antica recláme di un pneumatico (non ricordo la marca) che ne rifaceva il verso, ho viaggiato attraverso i capitoli di un’avventura interplanetaria finita chissà come nella biblioteca di classe alle scuole elementari, ritrovandomi, ancora parecchi anni dopo, alla ricerca della seconda Fondazione, ai comandi di un caccia Ala-X sotto la bandiera dalla Flotta Stellare per farmi perdonare un passato da netrunner ricercato da tutte le cyber-polizie. Livio -Quanti racconti di fantascienza ha scritto? Giancarlo – Difficile a dirsi. Guardando indietro negli anni però, credo siano stati parecchi. Alcuni scritti solo per poi raccontarli poi a mio figlio prima di andare a nanna, altri per stupire gli amici attorno ad un tavolo, patatine e coca-cola, giocando di ruolo; ho anche partecipato a qualche concorso letterario, più per rimuovere la ruggine mentale che per reale ambizione. Livio - Ama anche altri generi? Giancarlo – Il fatto è che non apprezzo la parola genere, ma le buone storie, quelle si. Forse con una preferenza (un po’ infantile) per l’azione piuttosto che per l’introspezione, apprezzo i personaggi a tutto tondo, le strutture narrative coerenti e soprattutto sono una persona curiosa. Più che di genere, termine che mi dà l’idea di un confine imposto dal non sapere, parlerei di letture adatte al momento, all’umore e al luogo. Poi un vero capolavoro perde quasi subito la sua connotazione di genere per diventare opera universale, indifferentemente se vi si parla di astronavi alla deriva, assassini sull’Orient Express, un Tifone, un viaggio verso Santiago de Compostela, una guerra da ricordare, una scelta da dimenticare... Livio - Quando scrive un racconto, inserisce nelle storie fatti e situazioni che ha vissuto in prima persona o sentito in giro rivisitandoli in chiave fantascientifica, o dà libero sfogo alla sua fantasia? Giancarlo – Se devo essere franco, non ho una regola: mi capita di scrivere per rielaborare un sentimento, magari un’esperienza difficile. Inevitabilmente, se nella mia vita affronto situazioni non usuali, queste mi danno l’ispirazione per una trasposizione, magari in chiave fantastica, ma certamente originale. Poi ci sono eventi, concetti, informazioni, idee che mi colpiscono senza averle per forza sperimentate; allora le metto semplicemente da parte, in attesa dell’occasione giusta, salvo poi ricombinarle in maniera – credo – originale nei miei racconti. Livio - Come ha scelto il soggetto del suo racconto? Giancarlo – So che esiste un robot che aiuta i bambini autistici come, purtroppo, so che sono stati realizzati diversi modelli di robot ad uso militare, tanto che si comincia a intravedere la necessità di routine informatiche di comportamento etico (papà Asimov con le tre leggi della robotica aveva ragione!). Di zone di confine il mondo è pieno, come pure di soldati coraggiosi, di generali nostalgici e di bambini che si perdono. Forse alcune storie si scrivono da sole. Livio - Sempre nell’ambito della fantascienza, meglio un buon libro o un bel film? Giancarlo – Apprezzo naturalmente un buon libro, di quelli che “ci caschi dentro” e “devi” arrivare alla fine, ma amo anche uscire dalla sala cinematografica “sconvolto perso” per l’intensità di un film. Momenti diversi, probabilmente fino ad oggi incompatibili: rare sono, infatti, le trasposizioni di capolavori della narrativa in capolavori sul grande schermo. Ma questo non e’ un paradigma: credo che, soprattutto grazie alle nuove tecnologie, arte narrativa e arte visiva possano convivere, permettendo maggiore rispetto dei testo originale, ma anche di integrare libri con supporti audiovisivi e film dove gli spettatori scelgono i capitoli e compongono la storia che preferiscono. I primi esempi già circolano per la Rete oltre che per le librerie: sta solo alla nostra creatività, oltre che al coraggio imprenditoriale, utilizzare il potenziale che questo nuovo millennio ci mette a disposizione. Ci riusciremo? Forse è un compito che spetta alle nuove generazioni se, nel frattempo, non saremo ritornati a (e attenzione non “al”) 1984. O peggio. Livio - Preferisce una storia unica autoconclusiva, o una saga raccontata in più storie? Giancarlo – Se per saghe si vuole intende “belle storie diluite fino a diventare insipide minestre per spremere il portafoglio di fan decerebrati” allora non amo le saghe. Può invece succedere che una storia che sembra conclusa, invece apra la porta a nuove avventure, a temi inesplorati, a personaggi che meritano una seconda opportunità. E allora, ben vengano le saghe. Diciamo che se una narrazione è effettivamente buona vorrei non finisse mai. Più spesso, il seguito, la vendetta, il ritorno, ecc… sono come minimo delle pietose repliche se non addirittura delle truffe. Livio - Se potesse vivere in un romanzo di fantascienza, quale storia le piacerebbe e che ruolo interpreterebbe? Giancarlo – Quello del personaggio che, alla fine di tutta la sagra, torna a casa per raccontare la storia alla sua amata e ai molti figli e nipoti (oltre che a lettori o spettatori che sia). Livio - Grazie per aver risposto alle nostre domande. Giancarlo – Grazie per avermi fatto queste domande. Non dovrei dirlo, ma ero tentato di rispondere con l’unica risposta possibile nell’universo: 42
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